Pio XII

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Pio XII, nato Eugenio Pacelli (1876–1958), fu papa in anni fra i più tragici, convulsi e contrastati per la Cristianità e per l'Europa, dalla Seconda Guerra Mondiale alla Guerra Fredda.

Di nobili origini, dopo gli studi giuridici intraprese la carriera ecclesiastica, assecondando in ciò una vocazione manifestatasi sin dall'infanzia.

Nel 1919, si opppose fermente, inerme, ma con fermezza eroica, ad un militante comunista che, pistola in pugno, voleva far irruzione nella Nunziatura Apostolica di Monaco di Baviera.

Al fine di garantire e tutelare i diritti e la sicurezza dei cattolici tedeschi, nel 1933 firmò, in qualità di Segretario Apostolico, il concordato con la Germania di Hitler.

Eletto papa nel 1939, con uno dei suoi primi atti riabilitò - in funzione non antisemita, ma anticomunista, cosa che poteva essere pienamente giustificata dopo le bestiali violenze che i partigiani avevano compiuto contro il clero nella guerra civile spagnola - l'Action Francaise di Charles Maurras, movimento militante di destra.

Anche a non voler considerare il vasto impegno delle istituzioni cattoliche nel proteggere decine di migliaia di ebrei dalle deportazioni, infondata appare la ricorrente accusa, da parte della storiografia, di aver taciuto di fronte alle persecuzioni antiebraiche. A parte il fatto che già l'enciclica Mit brennender sorge, promulgata da Pio XI ma redatta sotto la supervisione e con il decisivo contributo del futuro papa Pio XII, condannava il razzismo, Pio XII lamentò (in un discorso del 2 giugno 1943) le "costrizioni sterminatrici" a cui moltitudini di essere umani erano sottoposte solo in ragione della loro nazionalità e della loro razza. "The Pope is a solitary voice crying in the silence of a continent", commentava il "New York Times".

Né si può affermare seriamente che Pio XII abbia occultato e distrutto l'enciclica antinazista "Humani generis unitas" che il suo predecessore stava per promulgare. Egli, al contrario, la riprese e la rifuse nella "Summi Pontificatus".

Nel secondo dopoguerra, pur se ostile, per ovvie ragioni, al Comunismo, ideologia avversa ad ogni religione, il Pontefice colse il pericolo dell'alienazione industriale e tecnologica, il rischio che gli avanzamenti della tecnologia si traducessero in un impoverimento interiore dell'uomo, e in una degradazione dell'esistenza a vuoto e disanimato automatismo: "È però un fatto doloroso che oggi non si stima e non si possiede più la vera libertà. [...] Questa è la condizione dolorosa, la quale inceppa anche la Chiesa nei suoi sforzi di pacificazione, nei suoi richiami alla consapevolezza della vera libertà umana [...] Invano essa moltiplicherebbe i suoi inviti a uomini privi di quella consapevolezza, ed anche più inutilmente li rivolgerebbe ad una società ridotta a puro automatismo. Tale è la purtroppo diffusa debolezza di un mondo che ama di chiamarsi con enfasi 'il mondo libero'. Esso si illude e non conosce se stesso». (Radiomessaggio del Natale 1951).

Il Pontefice lamentò, inoltre, le presecuzioni che i cattolici erano costretti a subire nel mondo comunista, dalla Cina all'Ungheria, esortandoli ad un'eroica sopportazione.

Sul piano dei rapporti tra fede e scienza, Pio XII ammise la liceità delle ricerche animate dalla teoria evoluzionista, purché venisse rispettata la dottrina cattolica della natura e dell'origine divine e soprannaturali dell'anima umana.

Si spense il 9 ottobre del 1958.

Nove anni dopo, iniziò il suo processo di beatificazione. La Comunità Ebraica si è lamentata di ciò a più riprese, vedendo in tale iniziativa la volontà di "riscrivere la storia". Come se tale non fosse il compito perenne, coscienzioso e responsabile della ricerca storica.