Olocausto

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Con i termini di Olocausto (sacrificio attraverso il fuoco) e Shoah (“catastrofe”) si vuole indicare l'insieme di quelle restrizioni, discriminazioni, segregazioni e deportazioni cui l'etnia ebraica fu sottoposta dai regimi nazionalsocialisti. In particolare, gli ebrei furono estromessi da alcune professioni, privati dei loro beni, raccolti nei ghetti (primo fra tutti quello di Varsavia, teatro di una celebre rivolta sedata con violenza dalle autorità naziste) e deportati, in diverse ondate, in vari lager, alcuni nel territorio del vecchio Reich (Bergen Belsen ‒ ove morì di tifo, dopo essere transitata indenne per Auschwitz, Anna Frank ‒ , Mauthausen, Buchenwald), altri in Polonia (accanto ad Auschwitz-Birkenhau, divenuto un vero e proprio sacrario di quella che Claudio Mutti ha definito la religione Holocaustica, vanno ricordati i campi della cosiddetta Operazione Reinhard, finalizzata all'esproprio dei beni ebraici, ossia Treblinka, Sobibor ‒ sede anch'esso di una celebre rivolta ‒ , Belzec, Chelmno).

Pare ormai certo, agli occhi di chi esamini senza pregiudizi i documenti (primo fra tutti il verbale della Conferenza di Wannsee, solitamente indicato come prova della volontà di sterminio, mentre parla chiaramente di deportazione ad Est), che la soluzione finale della questione ebraica (la famigerata ed enigmatica Endlösung) non fosse lo sterminio, ma la deportazione, sia pur condotta in modo brutale e in condizioni ai limiti dell'umano.

Non senza il consenso e la collaborazione delle autorità sioniste, venne progettato, e in parte attuato, il reinsediamento ad Est delle comunità ebraiche, in vista di una territoriale Endlösung, di una «soluzione finale terroriale», ossia della creazione di una riserva o di un protettorato destinati al popolo ebraico, sotto l'egida tedesca.

In un primo tempo, attraverso la Haavara, gli ebrei furono fatti emigrare, conservando i loro beni, addirittura verso il Mandato Britannico di Palestina; Pio XII si interessò personalmente alla possibilità di offrire a svariate decine di migliaia di Ebrei una patria nella colonia d'Etiopia, del resto sede, secondo un'antica tradizione, dell'Arca dell'Alleanza; Adolf Eichmann promosse il poi abortito Piano Madagascar, finalizzato a creare uno stato ebraico in quell'isola, realizzando così un'utopia accarezzata dal Sionismo già nell'Ottocento.

Le terribili condizioni di vita dei lager, ulteriormente peggiorate dal generale tracollo della Germania negli ultimi mesi di guerra, causarono svariate centinaia di migliaia di morti (per tifo, fame, sete, sfinimento, disperazione) fra i prigionieri, senza che sia possibile fissare dati precisi (un poco noto rapporto ufficiale della Croce Rossa del 1984, basato sui Totenbücher dei lager, ora gelosamente custoditi negli archivi di Bad Arolsen e inaccessibili agli studiosi, quantifica in non più di quattrocentomila le vittime accertate ed identificate, fermo restando che moltissime vittime, come in tutte le tragedie, sono certo rimaste senza nome, senza voce e senza memoria, inghiottite dal nulla della storia [1].

Spinoso, e assai discusso, anche aspramente (tanto da costare la persecuzione giudiziaria, la rovina e il carcere a molti studiosi dissidenti), quello che già Olga Wormser-Migot, massima studiosa del sistema concentrazionario nazista, oggi ingiustamente dimenticata, definiva “il problema delle camere a gas”, riconoscendo che tale problema esisteva.

Anche la storiografia ufficiale (basti pensare a Martin Broszdat) riconosce da tempo che in nessun lager del vecchio Reich esistevano camere a gas omicide; Jean-Claude Pressac, massimo studioso di Auschwitz prima di venir detronizzato, dato il suo “cripto-revisionismo”, da Robert Jan Van Pelt, ammise che il 95 per cento di tutto l'acido cianidrico usato ad Auschwitz era impiegato non per le esecuzioni omicide, ma per la disinfestazione di abiti e ambienti al fine di prevenire il tifo.

Robert Faurisson, il caposcuola del revisionismo, facendo eco a Paul Rassinier (partigiano comunista che ad Auschwitz fu imprigionato e torturato), arrivò a negare che ad Auschwitz esistesse una camera a gas omicida, alla luce delle scarse o nulle tracce di acido cianidrico rinvenute negli edifici presuntamente adibiti a camere a gas omicide e della presunta assenza delle apposite aperture nel soffitto per poter introdurre i granuli di Zyklon B (No holes, no Holocaust, secondo la sua celebre sintesi).

Le testimonianze relative alle camere a gas ‒ in particolare, se considerato nelle sue diverse stesure messe a confronto, il celebre Rapporto Gerstein ‒ sarebbero parziali, assurde, paradossali e contraddittorie; ad esempio, parrebbe inverosimile che, come si legge nelle memorie di Rudolf Höss, l'ultimo comandante di Auschwitz, i Sonderkommando potessero entrare «immediatamente», «mangiando e fumando», in locali ancora saturi di acido cianidrico, e che i crematori fossero collocati accanto alla camera a gas, essendo l'acido cianidrico infiammabile ed esplosivo.

I campi dell'Operazione Reinhard, come ipotizzano Carlo Mattogno e Jürgen Graf, potrebbero essere stati non tanto o non solo, come vuole la vulgata, «campi di puro sterminio», ma anche e soprattutto campi di transito in vista di una ricollocazione ad est, come dimostrerebbe il massiccio afflusso di ebrei nei ghetti di Riga e di Kiev, e come sarebbe confermato dal mancato ritrovamento, in séguito a diversi scavi compiuti sia all'indomani del conflitto, sia in anni recenti, e a rilievi effettuati con radar terrestri, delle immense fosse comuni in cui dovrebbero giacere le ossa delle svariate centinaia di migliaia di vittime.

Infine, le foto aeree di Auschwitz scattate dai ricognitori alleati non mostrano attività di sterminio; per questa ragione, probabilmente, più che per chissà quale oscura e cervellotica motivazione, gli Alleati non bombardarono Auschwitz.

La posizione più onesta, nell'àmbito della storiografia ufficiale, e dunque citabile senza essere tacciati di neonazismo, è forse quella dell'ebreo e marxista Arno J. Mayer (non a caso accusato di cripto-negazionismo dalla critica mainstream): le fonti per lo studio delle camere a gas sono «rare e inaffidabili»; ad Auschwitz, e forse anche in altri lager, le morti per le cosiddette «cause naturali» superavano numericamente quelle dovute alle esecuzioni; gli Einsatzgruppen che operavano nell'Europa orientale avevano come cómpito quello di compiere rappresaglie in séguito alle azioni di guerriglia partigiana (spesso perpetrate da ebrei), più che di sterminare indiscriminatamente tutti gli ebrei in quanto ebrei, per motivi razziali (il che ovviamente non sminuisce le loro atrocità, benché la legge di guerra riconosca, in certi casi, il diritto alla rappresaglia in séguito ad atti terroristici).

Senza che possano essere negate le immani sofferenze del popolo ebraico, e senza, ovviamente, che possa essere legittimata alcuna forma di odio o di discriminazione per motivi razziali, è auspicabile che anche sulla Shoah, malgrado gli enormi interessi economici e politici tuttora in gioco, così come, per converso, sui crimini del comunismo, possa finalmente essere condotto un dibattito storiografico aperto e costruttivo.